La crescita esponenziale della domanda di dati, alimentata da intelligenza artificiale, cloud e Internet of Things, sta trasformando i data center in infrastrutture strategiche per la competitività del Paese. Ma queste strutture, altamente energivore, rischiano di diventare un freno alla sostenibilità se non ripensate in chiave innovativa. Un recente position paper di TEHA Group e A2A, presentato al Forum di Cernobbio, mette in luce sfide e opportunità per fare dei data center non solo hub digitali, ma veri alleati della transizione ecologica ed economica italiana.
Il panorama globale conta oltre 10.000 data center, con gli Stati Uniti in testa per capacità installata, seguiti dall’Unione Europea. L’Italia si colloca al tredicesimo posto con 168 strutture, concentrate soprattutto in Lombardia, dove Milano è già un polo europeo emergente che supera città come Madrid e Zurigo. L’espansione degli hub digitali comporta un forte impatto energetico: a livello mondiale si stima che i consumi dei data center potrebbero quadruplicare entro il 2035, raggiungendo il 4% del totale, mentre in Italia il peso potrebbe oscillare tra il 7% e il 13% della domanda nazionale. Tuttavia, questi numeri non rappresentano solo un rischio, ma anche un’opportunità. Se guidati da una strategia di efficienza e circolarità, i data center possono diventare motori di crescita economica e strumenti di decarbonizzazione urbana. Lo studio individua quattro leve chiave: il recupero del calore, che da solo potrebbe riscaldare 800.000 famiglie italiane evitando 2 milioni di tonnellate di CO₂; l’utilizzo di aree brownfield, cioè spazi dismessi già connessi alla rete elettrica, che consentirebbero rigenerazione urbana e riduzione del consumo di suolo; i Power Purchase Agreements, contratti a lungo termine che garantirebbero energia da fonti rinnovabili fino al 74% del fabbisogno; infine la valorizzazione dei RAEE, con un potenziale di 147.000 tonnellate di rifiuti elettronici trattabili e riciclabili, capaci di generare un valore economico annuo di oltre 130 milioni di euro. L’applicazione integrata di queste misure porterebbe a un risparmio di 5,7 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno e a benefici economici stimati in 1,7 miliardi di euro, oltre a rafforzare la competitività digitale del Paese. L’impatto sul PIL nazionale è rilevante: secondo lo scenario delineato, i data center potrebbero contribuire a una crescita compresa tra il 6% e il 15% entro il 2035, con la creazione di 77.000 fino a 150.000 posti di lavoro tra diretti, indiretti e indotti. In questo quadro, Milano e la Lombardia si candidano a diventare hub digitali centrali in Europa, grazie alla disponibilità di infrastrutture e all’interesse crescente degli investitori, mentre il resto del Paese può cogliere l’occasione per allinearsi ai migliori performer europei e valorizzare una data economy che al 2030 potrebbe superare i 200 miliardi di euro.
Il futuro dei data center in Italia dipenderà dalla capacità di trasformare il loro peso energetico in un’opportunità di innovazione e sostenibilità. Recupero del calore, rigenerazione urbana, contratti verdi e riciclo dei materiali sono strumenti concreti per rendere queste infrastrutture non solo necessarie al digitale, ma anche pilastri di un nuovo modello economico e ambientale. Governare questa transizione con visione strategica significa garantire che l’Italia possa consolidarsi come protagonista della data economy europea e, al tempo stesso, contribuire in modo significativo alla decarbonizzazione e alla crescita sostenibile.
Fonte: L’Italia dei data center. Energia, efficienza, sostenibilità per la transizione digitale