Ondate di calore, tempeste e inondazioni stanno colpendo con forza crescente molte regioni del mondo. Il nuovo Climate Risk Index 2026 di Germanwatch, presentato alla COP30 di Belém, mostra un quadro chiaro e preoccupante. Negli ultimi trent’anni gli eventi meteo estremi hanno causato più di 830 mila vittime e oltre 4,5 trilioni di dollari di danni diretti. I Paesi più colpiti si trovano quasi tutti nel Global South, dove fragilità economica e vulnerabilità climatica si combinano in modo devastante.
Secondo l’analisi di Germanwatch, quaranta percento della popolazione mondiale vive negli undici Paesi maggiormente colpiti da eventi climatici estremi nel periodo 1995 – 2024. Nella lista figurano nazioni densamente popolati come India e Cina, insieme a Paesi molto più fragili come Haiti, Libia e Myanmar. Nessuno di questi rientra tra le economie più ricche del pianeta, un segnale evidente della disuguaglianza climatica globale.
Il report evidenzia che molte nazioni industrializzate fanno comunque parte dei trenta Paesi più colpiti. Tra queste, figurano Francia, Italia e Stati Uniti. Ciò dimostra che gli eventi estremi non risparmiano nessuna area geografica, anche se gli impatti sono più devastanti nelle regioni con meno risorse economiche e istituzionali.
Il documento raccoglie oltre 9700 eventi meteo estremi in trent’anni. Le tempeste generano i maggiori danni economici, mentre le alluvioni colpiscono il numero più alto di persone. Le ondate di calore restano la minaccia principale per la salute umana, soprattutto nelle aree urbane densamente abitate.
Alcuni Paesi presenti nelle prime posizioni del ranking sono stati sconvolti da pochi eventi devastanti, mentre altri subiscono impatti continui. Un esempio drammatico è Dominica, prima nel Climate Risk Index. Nel 2017 l’uragano Maria ha causato danni pari a quasi tre volte il PIL nazionale. Un percorso simile riguarda Myanmar, secondo in classifica, che nel 2008 ha subito gli effetti del ciclone Nargis con quasi 140 mila vittime e danni gravissimi alle infrastrutture.
Germanwatch sottolinea che i Paesi del Global South necessitano di sostegno strutturato e continuo. La frequenza crescente degli eventi non permette a molte comunità di recuperare tra un disastro e il successivo. Come spiegato nel comunicato, la negoziazione su finanziamenti e strumenti per il loss and damage alla COP30 dovrà concentrarsi proprio su queste nazioni.
Il rapporto include anche una graduatoria riferita al solo 2024. Le prime posizioni sono occupate da Saint Vincent and the Grenadines e Grenada, devastate da un uragano di categoria 5. Segue il Chad, colpito da alluvioni durate mesi.
Il Climate Risk Index 2026 evidenzia una realtà difficile. L’impatto degli eventi climatici estremi continua a crescere e colpisce in modo sproporzionato i Paesi più vulnerabili. Il messaggio che emerge dalla COP30 è chiaro. La comunità internazionale deve accelerare sia sulla riduzione delle emissioni sia sul sostegno economico per l’adattamento. Senza un impegno globale condiviso, la combinazione tra eventi meteo estremi e fragilità socioeconomica rischia di ampliare ulteriormente le disuguaglianze climatiche.
Fonte: https://www.germanwatch.org/en/93335